RESPONSABILITÀ DA REATO 231 – MONTE DEI PASCHI DI SIENA: CONDANNA PER FALSO IN BILANCIO E MANIPOLAZIONE DEL MERCATO.

RESPONSABILITÀ DA REATO 231 – MONTE DEI PASCHI DI SIENA: CONDANNA PER FALSO IN BILANCIO E MANIPOLAZIONE DEL MERCATO.

SENTENZA TRIBUNALE MILANO - SEZIONE II PENALE - 15.10.2020/7.04.2021:

IL MODELLO ORGANIZZATIVO 231 ERA INIDONEO IN MERITO ALLA MAPPATURA DELLE AREE A RISCHIO E L’ATTIVITÀ DI CONTROLLO DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA È STATA INSUFFICIENTE

 

In data 7 aprile 2021 sono state depositate le motivazioni della sentenza del Tribunale di Milano, Sezione II Penale, nella vicenda BMPS derivati (operazioni Alexandria e Santorini), nella quale agli imputati persone fisiche venivano contestate le fattispecie di false comunicazioni sociali di cui all’art. 2622 c.c. e manipolazione del mercato di cui all’art. 185 TUF, mentre all’ente venivano contestati, in relazione a tali reati, gli illeciti amministrativi di cui agli artt. 25-ter e 25-sexies del D.Lgs. 231/2001.

 

La responsabilità amministrativa dell’ente

In ordine al Modello Organizzativo adottato dall’Ente, i Giudici hanno constatato come alcuni degli illeciti contestati fossero stati commessi prima che intervenisse un corposo aggiornamento del Modello stesso.

Ed in particolare, la revisione del Modello 231 si era sostanziata nei seguenti interventi:

  • Implementazione della cd. Parte Generale, con integrazione dei flussi informativi verso l’OdV e revisione del sistema disciplinare;
  • Introduzione di una Parte Speciale, contenente la previsione, per ogni unità organizzativa, di specifici protocolli di controlli diretti alla prevenzione dei reati presupposto;
  • Aggiornamento del Codice Etico.

Per i Giudici fino a tale momento "la Banca è risultata sprovvista di accorgimenti organizzativi concretamente idonei a prevenire il rischio criminoso"; ed inoltre, secondo il Collegio, le regole interne non erano idonee a sanare quel deficit derivante dalla mancata adozione delle specifiche previsioni di cui al Decreto 231, in particolare "in merito alla mappatura delle aree di rischio, alla predisposizione di specifici protocolli diretti alla prevenzione dei reati, agli indispensabili flussi informativi verso l’OdV nonché al sistema disciplinare".

Per gli addebiti successivi alla revisione del Modello, il Tribunale ha ritenuto "insufficienti gli elementi a discarico offerti con riferimento all’operatività dell’Organismo di Vigilanza".

 

Il Tribunale di Milano, nella sua esauriente ricostruzione dei fatti, evidenzia l’elevato spessore e la comprovata esperienza dei componenti dell’OdV; rileva inoltre come da regolamento interno dell’OdV era assicurata la continuità di azione dello stesso, il quale era tenuto a riunirsi con periodicità almeno trimestrale. Nel periodo di interesse, l’Organismo si riuniva sovente anche in misura maggiore rispetto a quanto previsto.

Nonostante ciò, i Giudici hanno rilevato un difetto di vigilanza proprio in relazione alle operazioni strutturate oggetto del procedimento - peraltro già all’attenzione dell’Autorità Giudiziaria - pur in presenza di numerosi input (ad esempio, gli articoli di stampa e notifiche di atti d’indagine).

Nel dettaglio solo 4 incontri su 30 riunioni effettuate dall’OdV avevano avuto ad oggetto le operazioni di cui sopra.

Per i Giudici "l’Organismo di Vigilanza – pur munito di penetranti poteri di iniziativa e controllo, ivi inclusa la facoltà di chiedere e acquisire informazioni da ogni livello e settore operativo della Banca, avvalendosi delle competenti funzioni dell’istituto (così il regolamento del luglio 2012) – ha sostanzialmente omesso i dovuti accertamenti (funzionali alla prevenzione dei reati, indisturbatamente reiterati), nonostante la rilevanza del tema contabile, già colto nelle ispezioni di Banca d’Italia (di cui l’OdV era a conoscenza) e persino assurto a contestazione giudiziaria, con l’incolpazione nei confronti di omissis (circostanza che disvelava, per l’atteggiamento conservativo della Banca, il patente rischio di ulteriori addebiti, come poi avvenuto)".

E ancora, "l’Organismo di Vigilanza ha assistito inerte agli accadimenti, limitandosi a insignificanti prese d’atto, nella vorticosa spirale degli eventi (dalle allarmanti notizie di stampa sino alla débâcle giudiziaria) che un più accorto esercizio delle funzioni di controllo avrebbe certamente scongiurato. Così, purtroppo, non è stato e non resta che rilevare l’omessa (o almeno insufficiente) vigilanza da parte dell’organismo, che fonda la colpa di organizzazione di cui all’art. 6, d.lgs. n. 231/01".

Riconosciuta la responsabilità dell’Ente, quanto al trattamento sanzionatorio, il Collegio, dopo aver evidenziato che non è stata dimostrata la fraudolenta elusione del Modello ("violato nella generalizzata e diffusa indifferenza"), ha ritenuto applicabile esclusivamente la sanzione amministrativa pecuniaria (1000 quote del valore di € 800,00 l’una, per un totale di € 800.000,00), non essendovi "i presupposti di fatto della confisca, non ravvisandosi alcun vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dai reati presupposto".

 

Da questa sentenza discendono due ordini di considerazione: la rilevanza di una adeguata mappatura dei rischi e dei protocolli di prevenzione dei reati affinché il MOG possa avere efficacia scriminante. Altrettanto decisiva ai fini dell’esonero di responsabilità dell’Ente è l’attività dell’OdV: l’inerzia dell’OdV non fonda la responsabilità penale dell’Organismo quanto la responsabilità amministrativa 231 dell’Ente.

 

Avv. Mariagrazia Pellerino