DIRITTO PENALE ALIMENTARE – LA VENDITA DI LATTE CRUDO E FORMAGGI NON CONFORMI AI PARAMETRI DI LEGGE – ALCUNE PRONUNCE ASSOLUTORIE DELLA GIURISPRUDENZA DI MERITO.

DIRITTO PENALE ALIMENTARE – LA VENDITA DI LATTE CRUDO E FORMAGGI NON CONFORMI AI PARAMETRI DI LEGGE – ALCUNE PRONUNCE ASSOLUTORIE DELLA GIURISPRUDENZA DI MERITO.

1) Diritto penale alimentare – articolo 5 legge 1962 n. 283 – positività del campione di latte crudo alla presenza di Campylobacter Jejuni – diligente comportamento dell'operato alimentare - indicazione al consumatore della necessaria previa bollitura – effettuazione autocontrollo aziendale - colpa – insussistenza.

            Tribunale di Torino – Sezione I Penale – n. 878 del 17.2.16 – depositata 3.3.16 - irrevocabile

 

            Nell'ambito del processo veniva accertata la positività del campione di latte crudo prelevato al distributore al batterio Campylobacter Jejuni.

            In primo luogo veniva accertata la corretta informazione fornita da produttore al consumatore. L'operatore alimentare che esercita la vendita di latte crudo mediante distributore automatico è infatti tenuto ad esporre il cartello informativo della necessità di consumare il latte “previa bollitura” (Ordinanza Ministero Salute 2008), “poiché la bollitura elimina in radice ogni forma di batterio indipendentemente da ogni altro requisito (…) Se vengono rispettate tutte le indicazioni date dal produttore ogni batterio perde la propria potenzialità (…) Il rischio zero è praticamente impossibile e pertanto il latte crudo è certamente commercializzabile”.

            Veniva inoltre accertata “una particolare attenzione degli imputati all'aspetto dei controlli (in forma di c.d. autocontrollo – n.d.r.) (…) avevano eseguito una serie di analisi, anche consistenti (…) l'organizzazione dell'azienda in materia di igiene era più che sufficiente (…) ravvisa una rilevante correttezza, professionalità ed igiene nell'attività dell'azienda, non è stata individuata né precisata con sufficiente certezza una specifica mancanza o carenza nel piano di autocontrollo” (piano impostato con l'ausilio di tecnici professionisti).

            Le circostanze sopra indicate conducevano pertanto il Giudicante ad escludere la riconducibilità all'operatore alimentare di profili di colpa oltre ogni ragionevole dubbio, determinando così l'assoluzione degli imputati “poiché il fatto non costituisce reato”.

 

 

            2) Diritto penale alimentare – articoli 5 lettera d) e 6 L. 283/62 – distribuzione per il consumo di sostanze alimentari insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive – latte crudo da distributore automatico non conforme per la presenza di ceppi Escherichia Coli Verocitotossici (STEC) – mancato isolamento del batterio in sede di analisi tecniche – sussistenza reato – esclusione.

            Tribunale di Torino – Sezione I Penale – del 9.2.16 – depositata 16.2.16 (irrevocabile)

 

            Dall'esame in dibattimento dell'operante A.S.L. competente emergeva come, in sede di analisi, “non era stato isolato nelle analisi condotte con metodica P.C.R. il batterio vivo e vitale (…) la metodica (…) è particolarmente sensibile ed è in grado di evidenziare anche la presenza di pezzi di catena di DNA” del batterio in questione; tuttavia “la presenza di tracce di DNA stava ad indicare il contatto del latte con il microorganismo ma non la presenza di quest'ultimo”.

            A fronte di tale circostanza “la Regione (Piemonte – n.d.r.) si era attivata nel dare prescrizioni ai servizi veterinari di segnalare solo i casi in cui era stato isolato il batterio. Quindi se il microorganismo non viene isolato il campione è negativo (…) In ogni caso la bollitura distrugge il microorganismo”. Ancora “l'azienda in regime di autocontrollo aveva effettuato ulteriori analisi tutte negative”. 

            Il Giudicante concludeva pertanto: “si accertava in maniera esaustiva e scientificamente motivata la presenza di soli filamenti di DNA (…) non solo non attestato la presenza del batterio vivo e vitale ma non alterano in alcun modo il prodotto che rimane idoneo al consumo, perché solo il batterio vivo e vitale è in grado di produrre nell'uomo le patologie (…) in ogni caso, il produttore aveva affisso cartellonistica molto chiara sul distributore indicando che il latte andava bollito prima di essere consumato e la sola bollitura è in grado di inattivare il batterio. Tutto ciò premesso, gli imputati vanno mandati assolti perché il fatto non sussiste”.

 

 

            3) Diritto penale alimentare – articoli 5 e 6 lett. c) della L. 283/1962 – positività del campione di latte crudo posto in vendita al batterio Lysteria monocytogenesis – corretto e diligente comportamento dell'operatore alimentare - apposizione indicazione di bollitura – effettuazione autocontrollo aziendale – idonee condizioni igieniche – sussistenza reato – esclusione.

            Tribunale di Ivrea – 19 gennaio 2015 – depositata 18.3.2015 (irrevocabile)

 

            Nel caso di specie veniva accertata dalla competente A.S.L. la presenza del batterio Lysteria monocytogenesis nel latte crudo venduto dall'azienda agricola, all'esito di prelievi di campioni effettuati presso il distributore automatico.

            Veniva altresì accertato come, in ossequio all'ordinanza 2008 del Ministero della Salute, l'azienda agricola avesse apposto sul distributore l'avviso al consumatore di consumare il latte solo “previa bollitura”. Gli accertamenti tecnici provavano infatti come il batterio sia ubiquo ed il prescritto trattamento termico idoneo a disattivarlo del tutto, eliminando in radice qualsivoglia pericolo anche astratto per la collettività.

            Si accertava inoltre in azienda il mantenimento di adeguate condizioni igieniche dei luoghi e dei macchinari e la costante e regolare effettuazione di analisi in autocontrollo, in esecuzione di quanto previsto dal relativo manuale, redatto con l'assistenza di tecnici con specifiche competenze.         Tali analisi risultavano sempre conformi ai parametri normativi.

            Suddette circostanze dovevano fare ritenere accidentale la contaminazione da batterio, senza che alcun rimprovero, neppure colposo, potesse essere mosso all'operatore alimentare.

            Di conseguenza l'imputato veniva mandato assolto poiché il reato non sussiste “sotto il profilo della materialità del fatto contestato” in quanto non è possibile “individuare la condotta che A. avrebbe dovuto tenere per evitare la contaminazione e dunque il nesso di causalità tra la stessa e l'evento”.

           

 

            4) Diritto penale alimentare – articolo 5 lett. d) e 6 legge 1962 n. 283 – detenzione per la vendita di sostanze alimentari insudiciate, in stato di alterazione o comunque nocive – in particolare latte di azienda con presenza del germe patogeno per l'uomo Listeria Monocytogenes – trattamento pastorizzante del latte prima della trasformazione in prodotto caseario – sussistenza reato - esclusione

            Tribunale di Torino – Sezione distaccata di Susa – del 25.6.13 – depositata 19.8.13 - irrevocabile

 

            Nell'ambito del processo veniva accertata la positività del campione di latte prelevato al presso il frigorifero aziendale ove lo stesso sostava per il raffreddamento al batterio Listeria monocytogenes.

            L'istruttoria consentiva di accertare come “all'imputata non si potevano muovere contestazioni sulle modalità igieniche di produzione, conservazione e detenzione del prodotto e considerato che la stessa aveva osservato compiutamente tutte le prescrizioni sulle avvertenze da fornire al consumatore in ordine alle modalità di consumazione del latte crudo (previa bollitura, Ordinanza Ministero Salute 2008 – n.d.r.)”.

            Circostanza dirimente era poi costituita dall'accertamento che “il prodotto in contestazione non era neppure destinato alla vendita ma doveva entrare nel processo di caseificazione, processo che elimina il batterio individuato (…) ne deriva che quel latte non poteva essere considerato nocivo per la salute e quindi ne consegue l'assenza del fatto come descritto in imputazione”.

 

 

            5) Diritto penale alimentare – articolo 5 lettera d) L. 683/1962 – detenzione per la vendita o somministrazione alla clientela sostanze alimentari nocive, in particolare formaggio prodotto dall'azienda con presenza di enterotossine stafilococciche – mastite sublinica bovini – corretto comportamento operatore alimentare – colpa – insussistenza.

            Tribunale di Torino – Sezione distaccata di Susa – del 30.7.13 – depositata 13.9.13.

 

            L'attività istruttoria compiuta nel corso del dibattimento non consentiva di pervenire all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato contestatogli.

            L'operante dell'A.S.L. competente intervenuto per i campionamenti riferiva che la causa della contaminazione era di ricondursi ad “una mastite bovina, non riconosciuta, in quanto non riconoscibile (…) non dà segni clinici, solo le analisi del latte possono rilevare lo stafilococco aureo”.

            In proposito si accertava poi come “l'azienda dell'imputato ha dimostrato attenzione alle problematiche connesse all'enterotossine nonché al rilevamento dello stafilococco aureo (…) questo episodio di positività (…) è stato l'unico (…). In conclusione è possibile affermare che (…) è stato possibile raggiungere, con ragionevole certezza, la prova della mancanza di dolo e/o di colpa del reato addebitato all'odierno imputato”.  

 

 

            6) Diritto penale alimentare – articolo 5 lettera d) L. 683/1962 – messa in vendita, vendita o distribuzione per il consumo, attraverso distributore automatico, latte crudo nocivo e comunque alterato per la presenza di Listeria monocytogenes– corretto comportamento operatore alimentare – colpa – insussistenza.

            Tribunale di Torino – Sezione distaccata di Susa – del 30.7.13 – depositata 13.9.13.

 

            L'attività istruttoria compiuta nel corso del dibattimento non consentiva di pervenire all'affermazione della penale responsabilità dell'imputata in ordine al reato contestato.

            L'operante dell'A.S.L. competente intervenuto per i campionamenti riferiva che “il sopralluogo fu completo su tutta l'azienda (…) era tutto conforme e non abbiamo erogato sanzioni”; anche quanto ai prodotti utilizzati “era tutto a posto e l'etichettatura era a posto”.

            Ancora: “il comportamento della titolare, che ha predisposto un autocontrollo adeguato alla realtà aziendale, che non aveva messo in precedenza in evidenza il microrganismo Listeria monocytogenes; la presenza del germe patogeno in questo caso non è dipendente da carenze igieniche (…); in fase di commercializzazione del latte crudo bovino non pastorizzato sul distributore automatico è comunque presente la dicitura “il prodotto è da consumarsi solo dopo bollitura” che può considerarsi un trattamento inattivante del microrganismo (…) il quale, se applicato dal consumatore, elimina il rischio di insorgenza di patologie a carico dell'uomo.

            Le ulteriori analisi hanno sempre dato esito negativo.

            A fronte di tale situazione probatoria, è possibile affermare che nessun comportamento doloso e/o colposo è imputabile all'imputata la quale, pertanto, deve essere mandata assolta dal reato ascrittole quanto meno perché il fatto non costituisce reato”.