L’OMESSO VERSAMENTO DELLE RITENUTE PREVIDENZIALI IN FAVORE DEI LAVORATORI. TRA ILLECITO AMMINISTRATIVO E PENALE.

L’OMESSO VERSAMENTO DELLE RITENUTE PREVIDENZIALI IN FAVORE DEI LAVORATORI. TRA ILLECITO AMMINISTRATIVO E PENALE.

L’articolo 2 del Decreto Legge 463/83, convertito dalla Legge 638/83 prevede, al comma 1, che “le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, (...), debbono essere comunque versate e non possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate, nelle forme e nei termini di legge, dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali, e regolarmente denunciate alle gestioni stesse, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro”.

Tale obbligo è presidiato dall’applicazione di sanzioni amministrative e penali a carico del datore lavoro inadempiente, disciplinate al comma 1 bis del medesimo articolo.

Tale ultima disposizione è rilevante anche per il settore agricolo, a fronte del disposto della Legge 296/2006, la quale al comma 1172 dell’articolo 1 prevede espressamente che “nel  settore  agricolo, l'omesso versamento, nelle forme e nei termini  di  legge,  delle  ritenute  previdenziali  e  assistenziali operate  dal  datore  di  lavoro  sulle  retribuzioni  dei lavoratori dipendenti  configura  le  ipotesi  di  cui  ai  commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell'articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito,  con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638”.

 

Appare quindi utile esaminare più nel dettaglio il portato del citato comma 1 bis, interessato peraltro da un’importante modifica apportata dal Legislatore nell’anno 2016.

Prima di tale intervento riformatore l’omesso versamento integrava un’ipotesi di responsabilità penale a prescindere dall’ammontare delle somme non versate.

Nell’anno 2016 il Legislatore ha invece realizzato un intervento di depenalizzazione, introducendo una soglia quantitativa quale presupposto della più grave responsabilità penale.

 

Quindi: l’omesso versamento per un importo superiore a euro 10.000 annui, è ora punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032 (fattispecie di reato); diversamente, l’omesso versamento per un importo fino a euro 10.000 annui è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000 (condotte depenalizzate).

A seguito della modifica normativa, pertanto, il discrimine tra illecito penale ed amministrativo è costituito dall’ammontare delle contribuzioni omesse: al di sotto dei 10.000 euro annui scatterà la sanzione amministrativa; superata la soglia, invece, scatterà il procedimento penale.

Quanto alla predetta soglia, gli enti competenti hanno provveduto a chiarire con apposite circolari emanate dopo l’entrata in vigore della nuova legge che l’arco temporale cui fare riferimento è l’anno civile, ossia il tempo intercorrente tra l’1 gennaio ed il 31 dicembre; in particolare, gli obblighi periodici di versamento ricadenti in tale ambito temporale.

 

Di fondamentale importanza per i datori di lavoro è conoscere anche i contenuti del comma 1 ter del citato articolo, il quale prevede una premiale ipotesi di esclusione del procedimento tanto amministrativo quanto penale.

 

In particolare, è previsto che l’Ente competente debba inviare all’individuato trasgressore un formale atto di contestazione, con la precisazione delle somme da versare e dell’assegnazione di un termine di tre mesi a partire dalla notifica per l’adempimento.

 

Per il caso dell’illecito amministrativo, il versamento dell’importo entro il termine assegnato comporterà la non assoggettabilità alla sanzione amministrativa; spirato il termine, il trasgressore avrà la possibilità nei 60 giorni successivi di versare la sanzione comminata in misura ridotta alla somma più favorevole tra il terzo del massimo e il doppio del minimo. In caso di scadenza anche del predetto termine, l’Amministrazione avvierà il procedimento per l’emissione dell’ordinanza ingiunzione di pagamento della sanzione in misura effettiva.

 

Nel caso dell’illecito penale, il pagamento delle somme recate dalla contestazione entro il termine di tre mesi dalla notifica comporterà la non punibilità del fatto di reato realizzato con la condotta di omesso versamento. In caso di scadenza del termine predetto, l’Ufficio provvederà ad inoltrare alla competente Procura della Repubblica la comunicazione della notizia di reato, che darà l’avvio al procedimento penale a carico del trasgressore.

Merita in proposito di essere precisato come entro il termine di tre mesi assegnato dall’Autorità, al fine di poter godere dell’effetto premiale previsto dalla norma, sarà necessario che il trasgressore versi integralmente l’importo contestato. Non sarà invece sufficiente l’ottenimento di una rateizzazione con il versamento, in ipotesi, solo della prima o di alcune rate.

Ancora deve essere sottolineato come la giurisprudenza sia ormai consolidata nel riconoscere la sussistenza del reato o dell’illecito amministrativo solo in presenza dell’effettivo versamento delle retribuzioni ai lavoratori, recanti la trattenuta operata al dipendente per la quota contributiva ad esso facente carico. Diversamente, in assenza della corresponsione della retribuzione, non sarà ipotizzabile la trattenuta e dunque neppure l’insorgenza di un obbligo al versamento della medesima.

 

 

 

 

Avv. Mariagrazia Pellerino

Avv. Daniela Altare